Münchener Post - Wang Bing, le restrizioni politiche isolano la gente

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Wang Bing, le restrizioni politiche isolano la gente
Wang Bing, le restrizioni politiche isolano la gente

Wang Bing, le restrizioni politiche isolano la gente

Il regista cinese in gara prima a Locarno e poi a Venezia

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Non fare "film politici", ma tornare al senso originale del cinema, "che spesso si dimentica, documentare la realtà". È questo il significato che il regista cinese Wang Bing, Pardo d'oro nel 2017 al Locarno Film Festival con Mrs Fang, dà al suo rigoroso lavoro ventennale da documentarista. Un impegno per il quale su ogni progetto spende anche degli anni. È successo lo stesso per la sua trilogia fiume Youth, dedicata a raccontare la vita (le riprese sono durate dal 2014 al 2019) di un gruppo di giovani che, in cerca di un futuro migliore, hanno lasciato la campagna per andare a lavorare nel settore tessile a Zhili, una cittadina a circa 150 chilometri da Shanghai. Un pezzo di vita fra turni in laboratorio, vita nei dormitori, drammi e gioie personali, amori e violenze. Il primo capitolo Youth (Spring) ha debuttato in gara a Cannes nel 2023. Arriva a Locarno in gara il secondo, Youth (Hard Times) e sarà in concorso alla prossima Mostra del Cinema di Venezia il terzo e ultimo Youth (Homecoming). I suoi film, ricorda Wang Bing, non sono mai passati nel processo di approvazione che c'è in Cina "perché la politica non mi interessa", spiega in conferenza stampa a Locarno. Il cineasta vuole invece "cercare di far vedere la realtà della vita e i sentimenti delle persone". Anche se le limitazioni che impone la politica, hanno, per lui, un impatto sul cinema come su ogni altro aspetto: "Rendono più difficile comunicare le proprie emozioni, ed esprimere il proprio mondo interiore. Si spezza così il legame con noi stessi e con gli altri. Il risultato è che ognuno è più isolato". In Youth (Hard Times), come suggerisce il titolo, ritroviamo i giovani protagonisti affrontare momenti particolarmente difficili e la necessità di fare scelte importanti, tra crisi di alcuni laboratori, ingiustizie e prevaricazioni. "Ho capito subito che serviva tempo per questo progetto. E alla fine, valutando con i produttori il formato più giusto per distribuire la storia, abbiamo pensato alla trilogia". Per il regista, che ha potuto girare liberamente, purché le riprese non ostacolassero il lavoro degli operai, l'utilizzo del digitale "ha permesso che potessi avvicinarmi il più possibile, anche umanamente, alle persone. Questa è la cosa più importante per me, e ciò in cui ho messo tutto il mio impegno in questi 20 anni".

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P.Mueller--MP